“A tavola con Picasso”, scrisse Pablo Picasso, una frase che non si limita a celebrare il luogo fisico, ma anche la funzione simbolica che la cucina riveste nella vita quotidiana. Per Picasso, il cibo non fu mai solo nutrimento, ma anche un’esperienza sensoriale, culturale e creativa che si rifletteva nella sua arte. Nella sua lunga vita, infatti, il grande artista spagnolo sperimentò una vasta gamma di piatti, che raccontano la sua biografia e la sua poliedrica personalità.
Nato a Málaga, Picasso crebbe con i sapori forti della cucina andalusa, ricca di pesce, olive, aglio e spezie. Ma fu in Catalogna, sua terra adottiva, che scoprì la cucina catalana, un trionfo di piatti semplici ma saporiti, a base di carne e pesce freschi, frutta e verdura. La sua passione per la gastronomia non si fermò qui: una volta arrivato a Parigi, Picasso si immerse nelle tradizioni culinarie francesi, da quelle parigine, più raffinate, a quelle provenzali, che celebrano i sapori mediterranei di olio d’oliva, erbe aromatiche e verdure fresche.
Ma ciò che più di ogni altra cosa lo legò alla cucina italiana fu la pastasciutta, come racconta in “A tavola con Picasso”.
La varietà dei cibi che Picasso amava rifletteva la sua continua ricerca di novità e innovazione. Così come nella sua arte, anche nella cucina non mancava di sperimentare, mescolando ingredienti e tradizioni, creando accostamenti insoliti e sorprendenti. Non è un caso che spesso il cibo compaia nelle sue opere, come nei celebri dipinti che ritraggono momenti conviviali. Il cibo, per Picasso, non era solo una necessità, ma un’altra forma di espressione artistica.