In occasione del settecentenario della morte di Dante Alighieri, nel 2021, è uscito in una nuova versione il titolo di Rosa Elisa Giangoia A convito con Dante. Il libro, a metà tra il saggio e il libro di ricette, apre spiragli sulla vita quotidiana dell’autore e sugli inediti risvolti interpreteativi di questo insolito connubio tra letteratura e cucina.
Abbiamo intervistato l’autrice per approfondire la genesi di questo piccolo saggio e le dinamiche del suo rapporto con il “sommo Vate”.
A Dante mi lega una lunga consuetudine di lettura e di apprendimento a memoria, fin dagli anni dell’adolescenza. Sapere tanti canti a memoria mi ha dato un senso di “possesso” del testo con la possibilità di “frequentarlo” anche senza avere il libro in mano. Così, negli anni, mi sono appassionata sempre di più e la mia crescita culturale mi ha portato ad approfondire la Commedia sotto l’aspetto storico e critico.
Il mio libro tratta un aspetto marginale dell’universo dantesco, ma questa prospettiva ha fornito occasioni per ulteriori approfondimenti, soprattutto su usi e consuetudini alimentari dell’epoca del poeta. Mi ha fatto capire, inoltre, come Dante non intendesse descrivere la realtà, ma servirsene per far capire meglio ai lettori idee importanti e concetti profondi, che vanno oltre. È stato molto interessante trovare riscontri diretti agli accenni gastronomici nei ricettari anonimi del Trecento e in quello di Martino da Como.
La definizione più opportuna, secondo me, è quella di un rapporto “indiretto”: Dante non presenta mai episodi di vera convivialità, perché la sua non è un’opera realistica, ma si avvale di sue conoscenze ed esperienze in materia per far capire meglio situazioni molto diverse, anche per illuminare concetti morali e teologici.
La mia ricetta preferita è l’ambrogino di pollo, facile da preparare, ottimo per il giusto equilibrio tra dolce e salato. L’ho preparato molte volte anche per i miei amici, che l’hanno sempre gradito.
Lo porterei in un locale dove preparano piatti tipici della cucina tradizionale genovese e cercherei di farlo riconciliare con la mia città facendogli assaggiare specialità come la farinata, le trenette al pesto, il cappon magro, la gattafura, la cima e il bianco mangiare, magari con un buon bicchiere di vernaccia regionale, nella speranza che non consideri più i «Genovesi uomini diversi / d’ogne costume e pien d’ogni magagna».
Il mio libro non fa conoscere i piatti preferiti da Dante perché i suoi accenni gastronomici sono sempre funzionali a dire qualcosa d’altro. Posso dire con certezza, però, che Dante non gradirebbe i piatti che hanno sapore di “forte agrume”, vale a dire con aglio, cipolla e porri.
Naturalmente la Divina Commedia, perché ogni volta che la si apre e si leggono anche solo poche terzine si trova qualcosa di nuovo, una nuova occasione di riflessione.
Ingredienti
300 + 100 + 400 g farina
200 + 100 + 50 g acqua appena tiepida
8 + 8 g lievito di birra
olio extra vergine di oliva
Procedimento
Per preparare una pagnotta di pane occorre impastare 300 grammi di farina con 200 grammi d’acqua appena tiepida in cui si siano fatti sciogliere 8 grammi di lievito di birra. Far riposare per 12 ore quest’impasto.
Il giorno dopo, aggiungere all’impasto lievitato 100 grammi di farina e impastare ancora unendo circa 100 grammi d’acqua per ottenere un impasto morbido. Ungere quest’ultimo impasto con un velo d’olio e farlo riposare per 24 ore.
Il giorno successivo (il terzo!), sciogliere altri 8 grammi di lievitodi birra in 50 grammi di acqua tiepida, intridere altri 400 grammi di farina, impastarla e incorporarla nell’impasto precedentemente fatto lievitare.
Impastare accuratamente per circa un quarto d’ora, formare una pagnotta oblunga e metterla a lievitare per un’ora e mezzo circa.
Cospargere la superficie del pane ormai ben lievitato con un po’ di farina e infornare, prima a forno caldo 220 °C per 10minuti, poi abbassare la temperatura a 180-190 °C e continuare la cottura per altri 40 minuti circa.
Sfornare e far intiepidire su una gratella.